giovedì 6 gennaio 2011

il 7 gennaio e l'Unità d'Italia

lettera a Marino Sinibaldi, direttore di Radio3rai

Gentile Direttore di Radio 3,
Marino Sinibaldi,

le scrivo da questa bella e accogliente città di Reggio Emilia, già tutta imbandierata e vestita a festa per accogliere il Presidente della Repubblica che domani, dalla Sala del Tricolore, aprendo le celebrazioni del 241° anniversario del Primo Tricolore, avvierà le celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità di Italia.
Il tema del'Unità d'Italia è tema cruciale e più che mai d'attualità, per cui bisogna fare in modo che queste celebrazioni, che saranno lunghe un anno, non diventino un susseguirsi di iniziative centrate sulla retorica dell'Unità – di cui non abbiamo affatto bisogno – ma uno stimolo a declinare al presente gli elementi di unità e di disgregazione del nostro Paese.
In questo senso, quello del ragionare sull'unità fuori dalla retorica, credo che ci possa aiutare far sì che il Tricolore non oscuri nella memoria collettiva l'anniversario di un 7 gennaio più recente: quello dello scorso anno a Rosarno. Quando, per la prima volta in Italia, fu avviata una spaventosa caccia all'uomo nero che si è conclusa con la deportazione da quella cittdina calabrese di tutti i migranti provenienti dall'Africa. Credo anzi che, quanto più riusciamo a capire in profondità, ad un anno di distanza, quei fatti – in verità poco citati dai rotocalchi tra gli avvenimenti importanti del 2010 - tanto più possiamo capire qual è il senso dell'Unità oggi, simboleggiata appunto dal Tricolore. Non a caso "The Guardian" scrisse quache giorno dopo quegli avvenimenti (il 10 gennaio del 2010) "L'Italia è un paese unito dal razzismo". E temo che "The Guardian" avesse colto solo una parte del complesso di questioni emerse anche dai fatti di Rosarno, dove il razzismo si è saldato alla 'ndrangheta nella persecuzione di quegli africani che avevano osato, ancora una volta, ribellarsi alla legge dell'omertà e alla continua sopportazione dei soprusi.
Ecco, il razzismo lievitato grazie alle nuove leggi razziali e alla vera e propria pedagogia razzista diffusa da oltre un ventennio, prima nei confronti dei migranti del Sud italia e oggi trasferita sui migranti di altri Sud del mondo, è tracimato ampiamente al di sotto del Po. E le mafie, da fenomeno "regionale", per quanto da sempre coccolate dai "poteri forti" nazionali e internazionali, hanno da tempo avviato un processo di "colonizzazione" del resto del paese che le ha portate ad essere oggi stabilmente insediate anche al di sopra del Po. Razzismo e mafie rischiano così di rappresentare, al di sotto di ogni velo retorico, il vero e più saldo collante unitario della nostra Patria.
Allora, a cominciare da questo doppio anniversario del 7 gennaio, è possibile utilizzare l'anno del 150° per rendercene conto sul serio e cominciare a ri/costruire l'Unità del paese su nuove basi?
Per esempio, su quelle basi che ha voluto gettare Aldo Capitini nella prima "Marcia per la pace e la riconciliazione dei popoli", di cui in questo 2011 cade, il 24 settembre, il 50° anniversario. Marcia che va avanti da mezzo secolo, avendo fatto camminare da Perugia ad Assisi alcune generazioni di italiani, provenienti da tutti gli angoli del Paese, ma accomunati dalla promozione di valori altri, a partire dai quali tenere insieme la nostra Patria. Credo, quindi, che sarebbe importante inserire anche questo anniversario nel circuito delle manifestazioni centrali da seguire con attenzione in questo anno di celebrazioni per l'Unità d'Italia.
Consapevole della sua attenzione – e della Rete che dirige - a queste questioni, verrò a seguire domani la diretta radiofonica della vostra bella trasmissione "Fahrenheit" al Teatro "Cavallerizza" di Reggio Emilia.
Un cordiale saluto

Pasquale Pugliese

componente del direttivo nazionale del Movimento Nonviolento
e della Scuola di Pace di Reggio Emilia