lunedì 5 marzo 2012

Giulio Girardi: la violenza è l'ultima parola della storia?


Una settimana fa, il 26 febbraio, dopo una lunga malattia è morto a 86 anni Giulio Girardi.



   Teologo e filosofo della liberazione, figura ponte tra la cultura cristana e quella marxista, tra la sinistra italiana e i movimenti di liberazione dll'america latina, Giulio Girardi negli ultimi anni aveva avviato, tra le altre cose, un'importante riflessione critica sulla nonviolenza, condensata anche nel libretto uscito nel 1999, seppur poco noto, Riscoprire Gandhi. La violenza è l'ultima parola della storia? (a cura del CIPAX, nella collana "Strumenti di pace").
    Mi piace ricordarlo proponendo l'ultima densa pagina di quel suo lucido lavoro.

    Al centro della nostra riflessione si poneva la domanda: è attuale Gandhi? Abbiamo subito precisato che l'attualità non riguardava solo un'alternativa strategica non violenta, ma un'alternativa globale di vita, di religione, di civiltà, di cultura. Per cui l'interrogativo si traduceva così: è attuale nei vari settori della società odierna (politica, economia, ecologia, religione, cultura, educazione) la ricerca di un'alternativa alla violenza, oppure è gicoforza riconoscere che la violenza, e quindi la morte, è l'ultima parola della storia? E' attuale nell'epoca della globalizzazione neoliberale un progetto di alternativa economica imperniato su comunità e progetti locali?
   La nostra riflessione è consistita, in definitiva, nell'approfondire il senso della domanda, cioè del progetto alternativo di civiltà che essa ipotizza, nei suoi molteplici aspetti. Tale esplorazione ha reso più evidente la totale inattualità di Gandhi dal punto di viosta della cultura oggi dominante: quella del neoliberalismo. Essa infatti non solo rappresenta una risposta radicalmente negativa agli interrogativi da lui sollevati, ma crea delle condizioni e dei condizionamenti tali, per cui le stesse domande sono soffocate, non possono più venire formulate, non hanno più senso. Soffocare le domande significa bloccare in partenza ogni ricerca intesa a rispondervi. Significa seppellire definitivamente la speranza.
   Riconoscere l'attualità di Gandhi significa invece rilanciare la sfida al fatalismo, scommettere sulla possibilità e sull'urgenza di una vittoria della forza del diritto, della verità, del'amore. Si tratta di una prospettiva puramente ideale? Si e no. Si, perché questo progetto non corrisponde a nessuna realtà esistente. No, perché esso, se adottato, influisce realmente sul presente come un'ipotesi storica feconda, che stimola la creatività intellettuale e l'audacia operativa a rompere le barriere del sistema di morte.
   Ecco perché la risposta alla domanda sull'attualità di Gandhi è così impegnativa. Perché è inseparabile dalle scelte di fondo, etiche, politiche, economiche e religiose di ciascuno e ciascuna. Il significato più profondo e più inquietante dell'incontro con Gandhi è proprio questo: ci obbliga a verificare le nostre scelte e a domandarci se esistano ancora per noi delle ragioni di vivere, di lottare e sperare.