Una guerra in atto
In Italia è in atto una guerra “civile” della quale nessuno tiene il conto preciso: quella delle mafie contro gli italiani.
Non è facile trovare una cifra unitaria che definisca i numeri di morti per mano delle mafie: si va, in base alle fonti, da un minimo di 3.000 negli ultimi 12 anni a un massimo di 30 mila negli ultimi 30 anni. Per fare un confronto, in Irlanda del Nord, la “guerra dell’Ulster”, dal 1969 al 1998 ha prodotto 3.500 morti, mentre nei Paesi Baschi la lotta dell’ETA per l’indipendenza ha prodotto circa 800 morti in 40 anni.
Ed i morti non dicono tutto sulla guerra in atto. Vi sono almeno 3 regioni in Italia in cui il territorio è occupato – oltre che sul piano militare, anche sui piani economico, politico, sociale, sanitario, ambientale e mediatico - dalle mafie; in cui l’immaginario dei bambini e dei ragazzi è segnato pesantemente, e contemporaneamente, dalla paura e dall’ammirazione per i potenti custodi della violenza. In cui le relazioni umane sono viziate da un deviato sentimento di rispetto, vincolato non alla dignità umana, ma ai legami con le famiglie mafiose. In cui l’emigrazione per fuggire da una realtà invivibile ha di nuovo raggiunto le punte degli anni ’50, in un vero è proprio esodo biblico che, solo tra il 1990 e il 2005, ha spostato dal Sud al Nord qualcosa come 2 milioni di persone.
La mafia perfetta
Tra tutte, la ‘ndrangheta è considerata “la mafia perfetta”, capace di tenere insieme il dominio locale e gli affari globali, come dimostrano – tra le altre cose - le navi di mezzo mondo, cariche di rifiuti tossici e radioattivi, affondate nei mari di Calabria, terra violentata ed usata come discarica del pianeta. La ‘ndrangheta non domina solo a Reggio Calabria ma occupa le piazze-forti dell’economia e della finanza mondiale e “comanda” nei centri strategici del potere: “A Milano comanda la ‘ndrangheta” è il titolo di un recente libro-inchiesta di Davide Carlucci e Giuseppe Caruso (Ponte alle Grazie, 2009). “Colonizzazioni” si intitola invece il capitolo VII della relazione della Commissione antimafia della precedente legislatura (2008), dedicato alla ‘ndrangheta, che spiega come questa stia colonizzando tutti i luoghi produttivi del paese, per riciclare gli immensi flussi di denaro provenienti dal traffico internazionale di droga ed armi.
Obiezione di coscienza e disobbedienza civile
Questo modello di “mafia liquida” sul piano internazionale, è tuttavia radicato in un sistema di violenza territoriale che, ancor prima che dall’uso delle armi, è caratterizzato dalla trasformazione dei diritti in favori, della paura in chiusura, della legalità in prevaricazione. Per queste ragioni, la via d’uscita dalla guerra e dall’occupazione delle mafie, e in specie della ‘ndrangheta, non può avvenire solo per via militare e giudiziaria, ma ha bisogno di una diffusa obiezione di coscienza da parte dei singoli e da una diffusa disobbedienza civile da parte dei popoli, nei loro territori: obiettare e disobbedire alla legge della violenza, della sottomissione, della rassegnazione. Ma entrambe queste azioni hanno bisogno di un precedente lavoro di “coscientizzazione”, come definisce Paulo Freire il primo passo della sua “pedagogia degli oppressi”, per aiutare chi nasce e cresce dentro un sistema di violenza “perfetto” a rendersene conto, a giudicarlo, a prenderne le distanze ed infine a combatterlo, obiettando e disobbedendo ai poteri occulti, consapevole delle possibili conseguenze.
1° marzo di coscientizzazione
Per questo è importante l’appuntamento del 1° marzo promosso per il terzo anno consecutivo dal Consorzio Goel della Locride e dall’Alleanza con la Calabria. Perché oltre al lavoro quotidiano che svolgono per trasformare le strutture di violenza in strutture di riscatto, producendo anche in Calabria lavoro liberato dalle mafie, il darsi appuntamento il 1° marzo contro la ‘ndrangheta rappresenta un momento pubblico di esposizione a viso aperto e, dunque, di coscientizzazione attiva. Dopo due edizioni svolte nel cuore dei territori delle cosche, Locri e Crotone, per la prima volta quest’anno il 1° marzo antimafia “Da Sud a Nord: un’Alleanza per la Democrazia”, si svolge in una città del Nord, a Reggio Emilia. Anche in questa città, sono presenti famiglie mafiose che cercano di fare metastasi nel tessuto democratico e produttivo locale, ma non è altrettanto presente la consapevolezza delle persone per bene sul pericolo che corre la città, sviata nel considerare problema prioritario di sicurezza non la presenza della ‘ndrangheta ma la presenza… dei migranti. Per questo anche a Reggio Emilia, si farà un 1° marzo di coscientizzazione, sia per aiutare i reggiani a capire chi mina davvero la propria sicurezza e a difendere la propria terra democratica dalle infiltrazioni mafiose, sia per sostenere contemporaneamente le obiezioni di coscienza e la disobbedienza civile dei calabresi che resistono in Calabria. Facendo con il loro esempio nuova coscientizzazione.
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