lunedì 5 marzo 2012

Giulio Girardi: la violenza è l'ultima parola della storia?


Una settimana fa, il 26 febbraio, dopo una lunga malattia è morto a 86 anni Giulio Girardi.



   Teologo e filosofo della liberazione, figura ponte tra la cultura cristana e quella marxista, tra la sinistra italiana e i movimenti di liberazione dll'america latina, Giulio Girardi negli ultimi anni aveva avviato, tra le altre cose, un'importante riflessione critica sulla nonviolenza, condensata anche nel libretto uscito nel 1999, seppur poco noto, Riscoprire Gandhi. La violenza è l'ultima parola della storia? (a cura del CIPAX, nella collana "Strumenti di pace").
    Mi piace ricordarlo proponendo l'ultima densa pagina di quel suo lucido lavoro.

    Al centro della nostra riflessione si poneva la domanda: è attuale Gandhi? Abbiamo subito precisato che l'attualità non riguardava solo un'alternativa strategica non violenta, ma un'alternativa globale di vita, di religione, di civiltà, di cultura. Per cui l'interrogativo si traduceva così: è attuale nei vari settori della società odierna (politica, economia, ecologia, religione, cultura, educazione) la ricerca di un'alternativa alla violenza, oppure è gicoforza riconoscere che la violenza, e quindi la morte, è l'ultima parola della storia? E' attuale nell'epoca della globalizzazione neoliberale un progetto di alternativa economica imperniato su comunità e progetti locali?
   La nostra riflessione è consistita, in definitiva, nell'approfondire il senso della domanda, cioè del progetto alternativo di civiltà che essa ipotizza, nei suoi molteplici aspetti. Tale esplorazione ha reso più evidente la totale inattualità di Gandhi dal punto di viosta della cultura oggi dominante: quella del neoliberalismo. Essa infatti non solo rappresenta una risposta radicalmente negativa agli interrogativi da lui sollevati, ma crea delle condizioni e dei condizionamenti tali, per cui le stesse domande sono soffocate, non possono più venire formulate, non hanno più senso. Soffocare le domande significa bloccare in partenza ogni ricerca intesa a rispondervi. Significa seppellire definitivamente la speranza.
   Riconoscere l'attualità di Gandhi significa invece rilanciare la sfida al fatalismo, scommettere sulla possibilità e sull'urgenza di una vittoria della forza del diritto, della verità, del'amore. Si tratta di una prospettiva puramente ideale? Si e no. Si, perché questo progetto non corrisponde a nessuna realtà esistente. No, perché esso, se adottato, influisce realmente sul presente come un'ipotesi storica feconda, che stimola la creatività intellettuale e l'audacia operativa a rompere le barriere del sistema di morte.
   Ecco perché la risposta alla domanda sull'attualità di Gandhi è così impegnativa. Perché è inseparabile dalle scelte di fondo, etiche, politiche, economiche e religiose di ciascuno e ciascuna. Il significato più profondo e più inquietante dell'incontro con Gandhi è proprio questo: ci obbliga a verificare le nostre scelte e a domandarci se esistano ancora per noi delle ragioni di vivere, di lottare e sperare.   

mercoledì 29 febbraio 2012

Cinque tappe in cinquanta giorni


La campagna di Reggio Emilia contro gli F-35



La campagna reggiana contro gli F-35 comincia di fatto il 7 gennaio quando, in occasione della visita del Presidente del Consiglio nella Città del Tricolore, mentre divampa il confronto tra contestatori e accoglienti, il Movimento Nonviolento di Reggio Emilia invia alla stampa una "lettera aperta" a Mario Monti. La lettera viene pubblicata su alcuni quotidiani locali, sia cartacei che on line, ed ha una certa diffusione sui social metwork http://24emilia.com/Sezione.jsp?titolo=Benvenuto+presidente+Monti%2C+ma+tagli+le+spese+militari&idSezione=32712

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Prima Tappa, 7 gennaio 2012

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"Lettera aperta al Presidente Monti, a Reggio Emilia il 7 gennaio a Reggio Emilia per il Tricolore

Benvenuto Presidente Monti, ma tagli le spese militari

Sig. Presidente,
riteniamo una scelta opportuna - e La ringraziamo per questo - quella di venire nella nostra Città a partecipare alle celebrazioni per il Tricolore, simbolo dell’unità nazionale e della coesione civile e sociale del nostro Paese.
Ci aspettiamo, tuttavia, che le politiche del Suo governo, chiamato a gestire la Cosa pubblica in un momento di grave crisi finanziaria e sociale, siano conseguenti a questo Suo importante gesto simbolico.
Noi crediamo che tagliare praticamente tutti i settori della spesa, senza scalfire minimamente le enormi spese militari che collocano l’Italia stabilmente all’8° posto al mondo per spesa pubblica in armamenti, non sia funzionale alla coesione civile e sociale del nostro Paese. Sono stati imposti pesanti sacrifici ai lavoratori, ai pensionati, ai ceti popolari e ai Servizi locali, ma noi crediamo che sia sacrosanto sacrificare invece l’acquisto dei 131 cacciabombardieri F35 capaci di trasportare testate nucleari, che hanno un costo complessivo di quasi 20 miliari di euro. L’importo di una manovra finanziaria!
Questa enorme spesa in micidiali strumenti di offesa, oltre ad essere contraria all’art. 11 della nostra Costituzione, che non solo “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” ma anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale”, in questo preciso momento storico è anche un’offesa a tutti i cittadini italiani che perdono il lavoro e non arrivano alla fine del mese.
Il Movimento Nonviolento - nel cinquantesimo anniversario della sua fondazione voluta da Aldo Capitini dopo la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi - Le chiede il coraggio di avviare davvero il nostro Paese sulla strada di una prosperità che si coniuga con il disarmo, la pace e il lavoro, non con la proliferazione di orribili strumenti di guerra.
E’ stato calcolato che uno solo di questi cacciabombardieri costa quanto 183 asili nido. Ecco, dica da Reggio Emilia, dalla Città che vanta l’eccellenza italiana delle scuole dell’infanzia, che con le risorse risparmiate dalla rinuncia a questi scellerati armamenti saranno realizzati asili, scuole, biblioteche, università, che rappresentano la vera sicurezza per il futuro del nostro Paese.

Movimento Nonviolento

Centro di Reggio Emilia"
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Nelle settimane successive, il Centro del Movimento Nonviolento elabora e propone ad altre associazioni di area nonviolenta e pacifista un Appello al Consiglio Comunale perchè si pronunci contro l'acquisto dei caccia, che viene inviato alla stampa il 1° febbraio, con le seguenti sottoscrizioni: ANPI, Arci solidarietà, Berretti Bianchi, Caritas Diocesana, Centro Missionario Diocesano, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Rivista Pollicino Gnus 
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Seconda Tappa, 1 febbraio 2012
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"Appello al Consiglio Comunale
Reggio Emilia, città di pace, esprima un No ai cacciabombardieri F35

Il nostro Paese sta attraversando una grave crisi sociale ed economica che vede il susseguirsi di manovre finanziarie, volte a pareggiare i conti dello Stato: si impongono drastici sacrifici ai cittadini con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, ma il Governo mantiene il programma di acquisto di 131 cacciabombardieri F35 “Joint Strike Fighter” al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio), che si aggiungono alle spese militari "ordinarie" già superiori ai 20 miliardi di euro annui. L'importo di una manovra finanziaria di "lacrime e sangue"!
Noi crediamo che tagliare tutti i settori della spesa pubblica senza scalfire minimamente queste enormi spese per la guerra, aggravate dall'acquisto dei cacciabombardieri d'attacco capaci di trasportare testate nucleari, sia una doppia offesa: un'offesa alla Costituzione della Repubblica, che non solo “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” ma anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale”; un'offesa a tutti i cittadini italiani che perdono il lavoro, non arrivano alla fine del mese e vedono ridursi i servizi pubblici locali.
Siamo convinti che, sopratutto in un momento di crisi economica, per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo soldi pubblici per creare i presupposti di un vero un risanamento del Paese, fondato sul lavoro per tutti, la coesione sociale e la convivenza civile. A ciò è contrario lo spreco di preziose risorse in costosi e minacciosi aerei da guerra, di un cui solo esemplare costa quanto 183 asili nido.
Per questo ci appelliamo al Consiglio Comunale di Reggio Emilia, sensibile ai temi del bene comune e della pace, chiedendo di deliberare la richiesta al Governo italiano di annullare almeno l'acquisto dei 131 cacciabombardieri F 35, azzerandone il programma, e destinare le risorse risparmiate alle spese sociali, educative, culturali e al rilancio del Servizio Civile Nazionale. Cioè a investimenti di pace e di vera sicurezza. Diversi importanti Comuni (Cuneo, Novara, Palermo, Padova, Pisa, Trieste, ecc) hanno già espresso la loro contrarietà a questa follia bellicista, altri stanno apprestandosi a farlo: è tempo che anche il Comune di Reggio Emilia, che esprime l'eccellenza nel campo dell'educazione, che promuove la Scuola di Pace insieme alla società civile e il cui Sindaco è presidente del Comuni d'Italia, faccia sentire con forza la sua voce contraria. Anche questa è un'azione educativa".
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Nel giro di poco tempo le associazioni sottoscrittrici, dalle 8 iniziali, nonostante il quasi silenzio della stampa cominciano a moltiplicarsi attraverso il passa-parola ed alcuni consiglieri comunali - i capogruppo di PD, SEL, Cinquestelle - sottoscrivono un ordine del giorno che recepisce integralmente i temi dell'appello convocando una conferenza stampa per il 16 febbraio, nella quale sono invitate le organizzazioni sottoscrittrici dell'Appello (ormai quarantadue) sono invitate a partecipare http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2012/02/16/news/stop-all-acquisto-dei-bombardieri-reggio-si-mobilita-1.3187126
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Terza tappa, 16 febbraio 2012
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"La società civile reggiana contro gli F-35

Prima i ringraziamenti.
Alla società civile reggiana che sta realizzando una mobilitazione strordinaria che ha portato in due settimane a quadruplicare le adesioni all'appello "Reggio Emilia, città di pace, esprima un No ai cacciabombardieri F 35". Partito da una decina di associazioni prevalentemente pacifiste questo Appello ha visto, ad oggi, l'adesione di oltre quaranta organizzazioni trasversali della società civile, attraverso un passaparola che cresce di momento in momento.
Alla società politica che ha risposto positivamente, sottoscrivendo in maggioranza – e andando anche oltre la maggioranza di governo locale - un ordine del giorno che, recependo integralmente le richieste dell'Appello, sarà votato lunedì prossimo in Consiglio Comunale.
Di cosa stiamo parlando?
F35 “Joint Strike Fighter”, caccia supersonico, invisibile, di quinta generazione, ottimizzato per l'attacco al suolo e per sganciare bombe atomiche.
Uno solo di questi mostri costa in media circa 150 milioni di euro. L'equivalente di quanto costano oltre 180 asili nido. Più del doppio di quanto c'è in finanziaria, per il 2012, per l'intero Servizio Civile Nazionale, ossia 69 milioni di euro! E le comparazioni potrebbero continuare all'infinito.
Questo mostro è costitutivamente contrario alla Costituzione italiana, alla lettera ed allo spirito che informa la Costituzione nel suo insieme: all'art 11, che non solo “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” ma anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale” e all'art. 52, che richiama al dovere di "difesa della Patria" (e non solo difesa militare, come sancito dalla Corte Costituzionale e dalla legge istitutiva del Servizio Civile Nazionale), non all'attacco alle Patrie altrui, come invece è insito nell'idea stessa del caccia F-35.
Del resto, che queste armi di attacco e le molte altre già acquistate non servano nenache per le infinite missioni militari all'estero, nelle quali il nostro Paese è trascinato ininterrottamente dal 1991, non è un pacifista a dirlo ma il generale Fabio Mini, già comandante del contigente NATO in Jugoslavia: "nessuna delle operazioni militari iniziate 20 anni fa (...) ha mai richiesto una sola delle portaerei, un solo cacciabombardiere, uno solo dei carri armati che, nel frattempo, ci succhiavano risorse".
A cosa servono?
Lo stesso ammiraglio Di Paola (ma perchè nessuno parla più di conflitto d'interessi se un ammiraglio fa il ministro della difesa?) nell'annunciare il 15 febbraio in conferenza stampa che la spesa militare sarà redistribuita, sottolinea che il programma degli F 35, pur "riesaminato", "rimane un impegno importante dal punto di vista tecnologico, industriale ed occupazionale"! Ma il ministro Di Paola non è ministro della ricerca scientifica, nè delle attività produttive, tanto meno del lavoro: è il ministro della difesa e dunque deve dirci a cosa servono questi mostri dal punto di vista della difesa della Patria e come il loro acquisto sia coerente con la Costituizione! Se vengono acquistati per creare lavoro, diano quei 15 miliardi direttamente ai Comuni che sanno bene come creare lavoro e servizi pubblici locali!
In molte occasioni è stato detto dallo stesso ministro, e dai vertici delle forze armate, che questi armamenti servono a mantenere lo "status" internazionale dell'Italia. E in effetti il nostro Paese è piazzato stabilmente all'8° posto per spesa pubblica militare tra le potenze mondiali, come tutti gli anni ci ricorda l'autorevole Istituto di ricerca di Stccolma SIPRI. Ma è un ben povero e primitivo status internazionale quello che si basa sul mostrare i muscoli e la grandezza delle clave!
L'Italia è il fanalino di coda in tutti gli indicatori virtuosi tra i paesi occidentali: la povertà di cui si allarga la forbice rispetto alla ricchezza, l'abbandono scolastico, l'investimento nella ricerca e nell'università (che futuro ha un Paese in cui si spende per gli armamenti quattro volte di più di quanto si spende per l'università, come ci ha ricordato una recente inchiesta de "la Repubblica"?), l'analfabetismo di andata e di ritorno, la disoccupazione, il dissesto idrogeologico e via elancando...E tuttavia si spendono ogni anno, prioritariamente e stabilmente, oltre 20 miliardi di euro (l'importo di una finanziaria lacrime e sangue!) solo per le ordinarie spese militari. A cui si aggiunge la spesa pluriennale per gli F-35 e quella prevista per l'ammodernamento di altri oltre 70 sistemi d'arma.
Il "Programma Pertini": svuotare gli arsenali e riempire i granai
Per questi motivi le oltre 40 organizzazioni reggiane credono che sopratutto in un'epoca di crisi come l'attuale si debba applicare il "Programma Pertini": svuotare gli arsenali, strumenti di morte, e riempire i granai, strumenti di vita. Anche per non rischiare di finire come la Grecia che oggi si trova con i granai vuoti, ma con gli arsenali stracolmi di armi che deve pagare fino all'ultimo centesimo proprio a quei Paesi che le impongono il licenziamento selvaggio dei lavoratori e il taglio di tutti i servizi per restare nell'euro!
Per questo abbiamo chiesto anche al Consiglio Comunale, primo organo della democrazia sul territorio, di votare un ordine del giorno in cui si chieda al governo l'azzeramento e la completa fuoriuscita dal programma degli F-35. Ed abbiamo chiesto al nostro Sindaco Graziano Delrio di portare questa delibera a conoscenza di tutti Comuni in quanto Presidente dell'ANCI.
Per questo il 25 febbraio saremo in piazza, anche a Reggio Emilia, a raccogliere le firme, come in altre 100 piazze d'Italia, per tagliare le ali alle armi!"
(dall'intervento in conferenza stampa)
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L'ordine del giorno viene presentato nel Consiglio del 20 febbraio ma poi rimandato al Consiglio successivo del 27 febbraio.
Intanto, il 25 febbraio, anche a Reggio Emilia si svolge la giornata delle "Cento piazze contro gli F-35" all'interno della Campagna nazionale "Taglia le ali alle armi" http://space.comune.re.it/scuoladipace/index.php?id=00722 .
Per lo stesso giorno la Scuola di Pace aveva già in cantiere il Seminario storico sul tema "Ma la guerra no! L'epica dimenticata di Mario e Fermo" http://space.comune.re.it/scuoladipace/libreria/locandina25_02_2012.pdf , per cui le organizzazioni sottoscrittrici dell'Appello al mattino svolgono il presidio in piazza Martiri del 7 luglio per la raccolta delle firme, e al pomeriggio partecipano al Seminario, al cui interno continua la raccolta della firme e la sottoscrizione dell'Appello al Consiglio Comunale che raggiunge cinquantuno adesioni http://space.comune.re.it/scuoladipace/libreria/appelloalconsigliocomunale_F35.pdf .
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Quarta Tappa, 25 febbraio 2012
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"Ma la guerra no!
L'epica dimenticata di Mario e Fermo

Quando decidemmo di svolgere il seminario storico su Mario Baricchi e Fermo Angioletti proprio il 25 febbraio, nel preciso anniversario della loro morte avvenuta il 25 febbraio del 1915, non sapevamo ancora che questa data avrebbe coinciso con la giornata di mobilitazione nazionale "Taglia le ali alle armi" per fermare l'acquisto dei cacciabombardieri F-35. Oggi questa coincidenza ci riconsegna una giornata densa di un impegno raddoppiato, ma coerente nelle sue finalità: al mattino la raccolta di firme contro gli armamenti in piazza Martiri del 7 luglio, al pomeriggio seminario storico per riportare alla memoria la storia di una tragica serata di lotta reggiana, di quasi un secolo fa, contro l'ingresso della Patria nella "Grande guerra". Tra le due cose c'è un filo di continuità.
La "Grande guerra" fu chiamata così non solo per la sua dimensione intercontinentale ma sopratutto per la capacità distruttiva su larga scala messa in campo dagli eserciti. Quella guerra provocò la repentina riconversione delle moderne invenzioni tecniche in strumenti bellici, finalizzati al terrore di massa. Le nuove fabbriche fordiste - chimiche, meccaniche, areonautiche e navali - furono rapidamente convertite al servizio delle armi chimiche, dei carri armati, degli aerei da combattimento, dei sottomarini da guerra, moltiplicando la produzione in tutti i settori. La società e l'economia intera vennero coinvolte nello sforzo bellico e la guerra diventò, per la prima volta, di massa e totale. Un salto di qualità distruttiva definitivo, con 16 milioni di morti complessivi in quattro anni, che da allora in poi sarebbe stato sempre più amplificato, in un'escalation senza fine di armamenti, morte e distruzione. Fino ai campi di sterminio, fino ad Hiroshima e Nagasaki, e poi all'equilibrio del terrore, al napalm, all'uranio impoverito, alle armi battereologiche, ai cacciabombardieri nucleari, ai droni telecomandati...In un vortice di violenza, presente sia quando le armi iper-tecnologiche vengono usate ai quattro angoli del pianeta, sia quando si accumulano e praparano le guerre, sottraendo ingenti risorse alle spese sociali e colonizzando la cultura diffusa che non pre/vede e, quindi, rende possibili le alternative. Del resto la guerra risponde alla logica del fine da raggingere che giustifica l'impiego di qualunque mezzo. All'estremo capo contemporaneo di questo filo della ricerca del mezzo di terrore più micidiale, che ha iniziato ad essere srotolato cento anni fa, c'è oggi il folle acquisto dei caccia F-35.
E' quindi coerente promuovere mattino il presidio in piazza per raccogliere le firme per l'azzeramento del programma di acquisto e svolgere al pomeriggio un seminario storico alla Scuola di Pace per ricordare e ripercorrere la vicenda di Mario Baricchi e Fermo Angioletti.
Abbiamo incontrato la storia di Mario e Fermo non attraverso la Grande Storia, quella scritta nei testi "importanti", ma attraverso le piccole narrazioni marginali e "militanti": il racconto che ne ha fatto Marco Adorni nel numero di marzo di Pollicino gnus del 2011; il loro tornare durante il percorso storico sui movimenti per la pace in Italia ed a Reggio Emilia, svolto nello scorso autunno, a cura di Infoshop Sante Vincenzi e Scuola di Pace, insieme ad Antonio Canovi; la chiaccherata di fronte ad una birra, nella serata antimilitarista del 4 novembre organizzata dal Movimento Nonviolento di Reggio Emilia, con il giovane storico Marco Marzi; il breve e intenso testo per il progetto "gli occhi di" che ne ha fatto Arturo Bertoldi per l'ISTORECO http://www.gliocchidi.it/persone/mario_e_fermo .
Per questo alla Scuola di Pace abbiamo deciso che era necessario approfondire di più, che era importante ricercare ancora su questa piccola grande storia del movimento antimiliarista reggiano.
Personalmente, inoltre, da non reggiano trapiantato a Reggio Emilia da vent'anni, sento il bisogno di capire ancora una cosa: perchè in questa città che ha cura della propria memoria, che è attenta a ricordare i propri non pochi "martiri" - le vittime degli eccidi del nazifascismo così come i martiri del 7 luglio '60, di cui da poco tempo abbiamo celebrato con il rilievo necessario il cinquantesimo anniversario – è avvenuta una gigantesta rimozione di questa drammatica vicenda? Perchè questi "martiri" della pace sono stati dimenticati?
Ricostruire quei fatti, e con essi proporre una narrazione che faccia emergere il punto di vista di chi era contrario alla guerra, fornisce una prospettiva storica a chi anche oggi, nella stessa città s'impegna alle guerre attuali ed alla loro preparazione. Ossia nella campagna per il disarmo e contro gli F-35".
(dall'introduzione al Seminario)
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Lunedì 27 febbraio l'odg contro gli F-35 viene riproposto e, finalmente, votato dal Consiglio Comunale di Reggio Emilia. La notizia è ripresa e rilanciata sul piano nazionale http://www.disarmo.org/nof35/reggio-emilia-vota-contro-i-caccia-f-35
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Quinta Tappa, 27 febbraio 2012
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Ordine del giorno ex art.20 dei consiglieri Nasuti, Vecchi, Montanari Federico e Olivieri in ordine ad appello al Governo perché sia bloccato il programma per la produzione e l'acquisto di 131 cacciabombardieri.
 
Appello al Governo perché sia bloccato il programma per la produzione e l'acquisto di tutti gli F-35 cacciabombardieri Joint Strike Fighter e siano ridotte le spse militari e le risorse recuperate siano utilizzate per il welfare municipale, le politiche per il lavoro (ammortizzatori sociali, sostegno all'occupazione e all'imprenditoria giovanile) e il potenziamento e la valorizzazione del Servizio Civile Nazionale
 

Il CONSIGLIO COMUNALE DI REGGIO EMILIA
 

PREMESSO CHE:
Il nostro Paese sta attraversando una grave crisi sociale ed economica che vede il susseguirsi di manovre finanziarie, volte a pareggiare i conti dello Stato: si impongono drastici sacrifici ai cittadini con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, ma il Governo mantiene il programma di acquisto di 131 cacciabombardieri F35 “Joint Strike Fighter” al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio), che si aggiungono alle spese militari "ordinarie" già superiori ai 20 miliardi di euro annui. 
L'importo di una manovra finanziaria di "lacrime e sangue"!  

Come rileva annualmente l'autorevole istituto internazionale del SIPRI di Stoccolma, l'Italia è l'ottavo Paese al mondo per spese militari, con 20.556,9 milioni di Euro per il 2010, con un incremento, per il 2011, dell'8,4.  A tali somme vanno poi aggiunti i circa 3 miliardi di Euro provenienti dai bilanci di altri ministeri che prevedono aperte finalità militari. 
 
 Dal punto di vista dell'attività produttiva in Italia, il settore degli armamenti è in piena espansione; come si è appreso lo scorso anno, l'Italia ha superato perfino la Russia, divenendo il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo gli Stati Uniti. 
 
Sul bilancio dello Stato, al momento, incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026;
L’attuale governo non ha ritenuto, al momento, di diminuire le ingenti spese militari persistendo ancora il programma per l'acquisto di 131 aerei cacciabombardieri F-35-Jsf;

T
agliare tutti i settori della spesa pubblica senza scalfire minimamente queste enormi spese per la guerra, aggravate dall'acquisto dei cacciabombardieri d'attacco capaci di trasportare testate nucleari, sia una doppia offesa: un'offesa  alla Costituzione della Repubblica, che non solo “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” ma anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale”; un'offesa a tutti i cittadini italiani che perdono il lavoro, non arrivano alla fine del mese e vedono ridursi i servizi pubblici locali.
 

Il Consiglio Comunale di Reggio Emilia, raccogliendo l'appello che proviene dalla società civile della nostra città  
 
CHIEDE AL GOVERNO 

di ridurre le spese militari, annullando almeno l'acquisto dei 131 cacciabombardieri F 35, azzerandone il programma, e destinare le risorse recuperate per il welfare municipale, le politiche per il lavoro (ammortizzatori sociali, sostegno all'occupazione e all'imprenditoria giovanile) e il potenziamento e la valorizzazione del Servizio Civile Nazionale. Cioè a investimenti di pace e di vera sicurezza. 
 
CHIEDE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 
in quanto supremo garante della Costituzione e presidente del Consiglio supremo di difesa,
di tutelare la Costituzione nella sua interezza, con particolare riferimento all'art. 11, che non prevede l'acquisizione di micidiali strumenti di offesa, capaci di trasportare anche armi nucleari.
 
CHIEDE AL SINDACO DI REGGIO EMILIA

in qualità di Presidente dell ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), di farsi interprete delle presenti istanze presso il Presidente del Consiglio dei Ministri sen. Mario Monti e di farsi promotore presso tutti i Comuni associati all'ANCI dell'adozione di analoghe delibere.  
 
(22 voti favorevoli, 10 contrari, 1 astenuto)  

lunedì 27 febbraio 2012

Le parole della nonviolenza. Laboratorio di ricerca

Casa per la pace di Modena 
in collaborazione con 
 il Movimento Nonviolento 
e la Casa delle Culture
 con patrocinio del Comune di Modena
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il tema:
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Scriveva Aldo Capitini che la nonviolenza è affidata ad un metodo che è aperto ed è sperimentale. Al contrario delle costruzioni ideologiche, la nonviolenza non è prima teorizzata e poi praticata, ma è prima vissuta come mezzo di azione e di cambiamento di singoli e popoli; poi studiata, approfondita e di nuovo sperimentata nell'azione. Medoto aperto perchè nessuno è custode di una dottrina, di un corpus di norme definitivo, ma ciascuno può portare nuove aggiunte sia sul piano del pensiero che dell'azione. Metodo sperimentale perchè è creativa e trova sempre nuovi modi di attuarsi, è inesauribile e non può essere attuata perfettamente, ma è in continuo avvicinamento; e perciò ci diciamo "amici della nonviolenza" più che "senz'altro nonviolenti" (A. Capitini).
 Il "laboratorio di ricerca" è perciò un modo efficace per avvicinarsi alla nonviolenza e cercare, insieme agli altri, il proprio modo di essere e dirsi "amico della nonviolenza". Il laboratorio sulle parole della nonviolenza consente di affrontare i temi fondamentali con i quali il metodo nonviolento si è misurato e si misura, usandole come segnavia che aiutino a tracciare il sentiero lungo il quale si dipaneranno la riflessione e la ricerca collettiva. Il cammino nonviolento si inserisce in un orientamento che è, contemporaneamente, personale e politico. Ciascuna delle parole indicate ha infatti un doppio versante, individuale e collettivo, perché riguarda sia la trasformazione del singolo che quella della comunità, in una continua e necessaria reciprocità, in cui non si dà l'una senza l'altra.
Lavorare con le parole consente inoltre il confronto diretto – e "compresente" direbbe Capitini - con coloro che hanno sperimentato consapevolmente il metodo nonviolento nelle diverse dimensioni delle relazioni sociali, apportando una personale, significativa, aggiunta al pensiero ed alla prassi della nonviolenza. Infine, questo elenco di parole consente un approccio introduttivo a ciascuna di esse, e attraverso di esse a quell'agire sociale che definiamo nonviolenza, me non ne può evidentemente esaurire la profondità e la complessità di ciascuna. Rimanda, perciò, alla necessità di un approfondimento ulteriore, personale e/o collettivo, in una ricerca che non ha fine e coincide, tendenzialmente, con la vita stessa che si fa laboratorio. Non a caso Gandhi intitolò la sua biografia “Storia dei miei esperimenti con la verità”.
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gli incontri: 
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SABATO 3 MARZO 2012, ORE 16-19
Conflitto e violenza a partire dalla lettura di pagine selezionate di Jean Marie Muller, Il principio nonviolenza, Edizioni Plus, 2004
“quanto alla violenza essa appare immediatamente come uno s-regolamento del conflitto che non permette più di compiere la sua funzione, cioè di stabilire la giustizia tra due avversari”
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SABATO 17 MARZO 2012, ORE 16-19
Potere a partire dalla lettura di pagine selezionate di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, vol 1, EGA, 1985
“similmente, le variazioni del potere del governante sono di volta in volta, direttamente o indirettamente, connesse con la disponibilità dei sudditi ad accettarlo, obbedirgli, collaborare con lui a realizzare ciò che egli vuole”
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SABATO 31 MARZO 2012, ORE 16-19
Politica a partire dalla lettura di pagine selezionate di Ekkehart Krippendorff, L'arte di non essere governati, Fazi Editore, 2003
“la politica di Gandhi contiene dei presupposti, pone in primis dei criteri da soddisfare che vanno in direzione di un radicale ripensamento e riorientamento della dimensione politica stessa”
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SABATO 14 APRILE 2012, ORE 16-19
Pace a partire dalla lettura di pagine selezionate di Johan Galtung, Pace con mezzi pacifici, Esperia, 2000 e Affrontare il conflitto, Edizioni Plus, 2008
 “al microlivello dell'interiorità individuale e della famiglia; al livello intermedio della società e al macrolivello dei conflitti tra le società e le regioni: a tutti questi livelli c'è spazio per la politica intesa come condotta pacifica verso la pace”
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SABATO E DOMENICA 21 E 22 APRILE 2012
Training Formativo A conclusione di questa parte del percorso si prevede un momento di training formativo, a carattere intensivo (un week end), con un formatore da definire a partire dagli orientamenti che emergeranno dal gruppo.
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 Gli incontri si svolgeranno presso la Casa delle Culture – via Wiligelmo, 80 (adiacente alla Polisportiva San Faustino)
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Conduttore del percorso: Pasquale Pugliese 
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È necessaria l’iscrizione al laboratorio
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 Per informazioni e iscrizioni:
vittoventuri@libero.it 349-3704622
rossellaperruccio@virgilio.it 340-3059381
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Per la partecipazione ai 4 incontri è previsto un contributo di € 10,00, mentre la quota per partecipare al week end di training, il 21 e 22 aprile 2012, sarà definita insieme dopo avere considerato i costi.

domenica 8 gennaio 2012

E' tempo di disarmo, culturale e militare




"...il rifiuto della guerra è per l'Italia e per tutti
una via d'uscita dalla difesa di posizioni insufficienti,
strumento di liberazione,
prova suprema di amore,
varco a uomo, società e realtà migliori."1
Aldo Capitini

"...non è realistico affannarsi per la pace
se non procediamo
a un disarmo della cultura bellica
nella quale viviamo.
E continueremo a perseguirla
se non ne prendiamo atto."2
Raimon Panikkar

Una premessa storica
Gennaio è un mese importante per la nonviolenza.
Il 30 gennaio del 1948 viene assassinato Mohandas K. Gandhi.
Quattro anni dopo, il 30 gennaio del 1952, Aldo Capitini organizza in Italia, nella sua Perugia, il primo "Convegno internazionale per la nonviolenza", in cui invita, tra gli altri, la collaboratrice di Gandhi, Asha Devi. Nel Convegno fu decisa la costituzione di un "Centro di coordinamento per la nonviolenza". Sull'attività svolta dal Centro Capitini ne scriverà alcuni anni dopo in questi termini: "soprattutto il Centro intendeva promuovere un'azione popolare di esposizione sulla nonviolenza, oltre riunioni di studio e convegni di sviluppo dell'idea; e si impegnava a stabilire collegamenti tra tutte le forze della nonviolenza nel mondo". Fu infatti l'avvio di un decennio di incessante lavoro, locale, nazionale e internazionale, che avrà come esito "popolare" la Marcia della Pace per la Riconciliazione dei popoli del 24 settembre 1961. Ma "una marcia", scriverà ancora Capitini, "non è fine a se stessa; continua negli animi, produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, attività1".
Infatti, il 10 gennaio 1962, sui muri di Perugia è affisso il manifesto con la seguente dichiarazione: "Dopo la Marcia della pace per la fratellanza tra i popoli che si è svolta da Perugia ad Assisi domenica 24 settembre, si è costituito il MOVIMENTO NONVIOLENTO PER LA PACE, al quale aderiscono pacifisti integrali che rifiutano in ogni caso la guerra, la distruzione degli avversari, l'impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica.
Il Movimento prende iniziative per la difesa e lo sviluppo della pace e promuove la formazione di Centri in ogni luogo".
Cinquant'anni dopo, grazie all'impegno di Pietro Pinna – primo collaboratore di Capitini nel Movimento Nonviolento - e di molti altri amici della nonviolenza, quell'onda è giunta lontano nello spazio e nel tempo. Fino a noi, qui ed ora.

La politica come continuazione della guerra con altri mezzi
Nel 2012 il tema della "difesa e sviluppo della pace" è ancora urgente come cinquant'anni fa, ai tempi della guerra fredda. E come ai tempi della guerra fredda è urgente la questione corrispondente del "ripudio della guerra" e della sua preparazione, ossia il problema del disarmo.
Da quando, nel 1991, in Italia la guerra è stata di nuovo sdoganata, con la partecipazione attiva di "nostri" contingenti armati alla prima guerra del Golfo, il nostro Paese è impegnato da venti anni in conflitti armati in giro per il mondo, senza soluzione di continuità, chiamate surrettiziamente "missioni di pace". Non solo è tornato prepotentemente in auge, anche in Italia, l'insegnamento di Clausewitz sulla guerra come "continuazione della politica con altri mezzi", ma si è perfino rovesciato nel suo contrario, ossia nella politica come continuazione della guerra con altri mezzi.
Oggi, in Italia siamo nel pieno di una crisi politica, economica e sociale, talmente potente da aver spazzato via quel governo berlusconiano che sembrava irremovibile (ma quanto tempo ci vorrà ancora per liberarci dal berlusconismo?). La situazione finanziaria è sottoposta ormai direttamente alle organizzazioni finanziarie internazionali, di cui il presidente Monti è uno dei principali rappresentanti. Le manovre finanziarie, fatte di tagli alla spesa pubblica e di sacrifici per i ceti popolari, si susseguono per decine e decine di miliardi. Le differenze di classe si allargano enormente, al punto che il 10 % degli italiani più ricchi detiene il 50 % della riccheza complessiva; la povertà, la disoccupazione, l'analfabetismo si allargano in maniera estremamente preoccupante, ma c'è un settore, quello della preparazione della guerra attraverso la crescita e lo sviluppo degli armamenti che non conosce crisi o battute d'arresto. Non solo non c'è l'ombra di un taglio, e di una diversa distribuzione delle risorse in tal modo risparmiate, ma si impegnano le casse dello Stato per folli spese pluriennali, come il programma dei famigerati centotrentuno cacciabombardieri F35, capaci di trasportare testate nucleari, molti dei quali del modello più costoso, a decollo verticale, destinati ad arredare la portaerei Cavour, che li trasporterà minacciosamente in giro per il mondo, in contraddizione con la lettera e lo spirito della Costituzione italiana. Inoltre, affinchè l'operazione non trovi intoppi, per la prima volta nella storia repubblicana, il Ministero della "Difesa" è consegnato direttamente nelle mani dei militari, ad un Ammiraglio in palese conflitto d’interessi, senza più un controllore politico. Insomma, l'economia e la politica sono messi pericolosamente a servizio della guerra.
Intanto, minacciose nubi di una nuova guerra, dagli esiti incontrollabili e di portata anche nucleare, si vanno addensando sul cielo dell'Iran. E non sarebbe la prima volta che una crisi finanziaria internazionale viene "risolta" in una guerra mondiale...

Disarmare la cultura bellica, dissacrare la violenza
Eppure, solo con grande fatica e con una forte pressione dal basso dei movimenti per il disarmo, alcune organizzazioni politiche e alcuni mezzi di comunicazione cominciano timidamente a chiedere ragione di questo assoluto sbilanciamento dell'asse economico/politico del Paese a beneficio delle spesa pubblica militare, della crescita degli armamenti, della partecipazione di contingenti armati a campagne di guerra nel pieno "ripudio" dell'articolo 11 della Costituzione.
La stragrande maggioranza di intellettuali (ma ci sono ancora?), sindacati, partiti – pur indignati contro “la casta” - continua a tacere nei confronti della madre di tutte le caste: il complesso militare-industriale.
E’ come se ormai fossimo talmente immersi in questa nuova "cultura bellica" che non c'è ne rendiamo quasi più conto. La guerra e la sua preparazione, pozzo nero senza fondo che risucchia le migliori risorse economiche del Paese, sono tornati ad essere un dato normale, addirittura "naturale": opporvisi, o semplicemente dissentire, è diventato un tabù. Dunque, proprio questo è l'impegno più urgente nel "varco attuale della storia": la decostruzione della cultura di guerra dominante attraverso un lavoro in profondità volto a disarmarne il credito e la legittimazione.
De resto, è proprio quello che da tempo ci ricordano, nei loro lavori, anche i nostri "nostri" vecchi saggi. Per Johan Galtung "la violenza culturale fa si che la violenza diretta e strutturale appaiano e addirtittura vengano sentite come giuste – o almeno non sbagliate. (...). Il meccanismo psicologico è l'interiorizzazione. Lo studio della violenza culturale fa luce sul modo in cui gli atti di violenza diretta e i fatti della violenza strutturale sono legittimati e perciò resi accettabili nella società. Un modo in cui opera la violenza culturale è il cambiamento del colore morale di un atto dal rosso/sbagliato al verde/giusto, o almeno al giallo/accettabile; un esempio è la giustificazione dell'omicidio per conto della patria a fronte della condanna di quello commesso per conto proprio3". Per Jean Marie Muller "una volta giustificata la violenza, non ci sono più limiti al suo sviluppo. Inoltre, la legittimazione della violenza provoca una reazione a catena per la quale tutte le violenza si trovano legittimate. Così, in definitiva, l'uomo non giudica la violenza per ciò che essa è in realtà, ma secondo la rappresentazione che se ne fa"4. Per Giuliano Pontara "la realtà terribile della violenza viene immancabilmente nascosta e travisata usando un linguaggio asfittico e mistificatorio, un gergo trito, privo di vita e di emozioni. Nel linguaggio dei nazisti l'omicidio di massa era chiamato "soluzione finale", quello individuale dell'esecuzione capitale "trattamento particolare", le camere a gas "installazioni speciali" (...). Nello stesso gergo, i massacri etnici sono "pulizie", i bombardamenti che fanno stragi indiscriminate sono "missioni", le violenze di massa pianificate sono "operazioni", spesso assimilate a fenomeni naturali: "Operazione tuono", "Operazione tempesta del deserto"... Contro questa tendenza il compito della nonviolenza, ricorda Pontara, è opporre la "dissacrazione della guerra moderna, vista come ingiustificabile omicidio di massa pepretato su scala industriale che costa somme sempre più astronomiche"5. Per far questo, ribadisce infine Ekkeart Krippendorff, occorre svolgere "una buona volta, il compito secolare di caratterizzare le forze armate per quello che esse sono oggettivamente e di fatto: l'istituzione più pericolosa e più avversa alla vita, e a un tempo la più dispendiosa, che sia mai stata inventata"6.

Dal disarmo l'apertura alla "rivoluzione permanente"
Questo impegno culturale di decostruzione della cultura di guerra dominante è dunque urgente e necessario, e tuttavia - da solo - non è sufficiente. L'impegno che ci aspetta a cavallo di questo cinquantennio del Movimento fondato da Aldo Capitini è propriamente nonviolento, cioè educativo/formativo e politico insieme. Come avvenuto attraverso la Marcia della Pace e della riconciliazione dei popoli del 25 settembre del 2011 co-promossa dal Movimento Nonviolento, il lavoro incessante per il disarmo culturale non può essere disgiunto da un impegno attivo per la drastica riduzione delle spese militari, per la rinuncia al progetto degli F35, per il rispetto della Costituzione che ripudia la guerra, per la costruzione di un modello di difesa fondato sulla difesa popolare nonviolenta, per la costituzione dei Corpi Civili di Pace, per la difesa, la valorizzazione e lo sviluppo del Servizio Civile Nazionale e, in prospettiva, per il progressivo superamento dell'istituzione militare. Anzi, quanto più forte sarà l'azione politica in questi campi tanto più incisiva ne risulterà la ricaduta culturale e quanto più profondo il lavoro culturale tanto più efficace l'impegno politico.
Per questo è necessario continuare a sostenere attivamente le diverse Reti e Campagne che si occupano di specifici ambiti di azione (Rete italiana disarmo, IPRI-Corpi Civili di Pace, Comitato Italiano Cultura di Pace, Campagna No F35 ecc), ma è necessario anche aiutare Reti e Campagne a ri/leggersi all'interno di un orizzonte comune volto al più complessivo disarmo culturale e militare. In un'apertura reciproca che, almeno in alcuni momenti, sappia anche fare massa critica, capace di aprire varchi significativi nella società della politica e della cultura. Anche attraverso momenti di mobilitazione comune, mettendo per esempio congiuntamente a valore il 2 ottobre, Giornata internazionale della nonviolenza e la Settimana internazionale del disarmo dal 24 al 30 ottobre, caricandole di quella potenzialità politica e comunicativa che finora, separatamente, non siamo stati capaci esprimere.
Certo, il panorama che ha di fronte la nonviolenza organizzata in questo giro di boa dei cinquant'anni è molto complesso. Quella capitiana "rivoluzione permanente" capace di incidere nei vari livelli della realtà-società-umanità è ancora lontana dal dispiegarsi pienamente, eppure assumere la centralità del disarmo culturale e militare è una porta che ne apre molte altre: la rinuncia alle crescenti spese per gli armamenti – a partire dalla rinuncia agli F35 - può liberare risorse per le spese sociali, ma anche per per il Servizio Civile Nazionale; il Servizio Civile rinforzato e valorizzato può realizzare serie sperimentazioni di forme di "difesa civile non armata e nonviolenta", come previsto dalla legge istitutiva, 64/2001; l'avvio di queste sperimentazioni su ampia scala porterebbe all'introduzione concreta e scientifica di un nuovo paradigma nell'affrontare i conflitti, che a quel punto dovrebbe essere preso sul serio anche nei contesti formativi, universitari e scolastici; l'avvio di esperienze educative di trasformazione nonviolenta dei conflitti porterebbe allo sviluppo di una consapevole cultura della convivenza tra le differenze, ma anche al rafforzamento delle capacietà di empowerment e di azione, personale e collettiva, individuale e politica...innescando, man mano, un circuito positivo di trasformazione sociale in senso nonviolento, "varco a uomo, società e realtà migliori".
Utopia? Se Aldo Capitini avesse considerato utopistiche le proprie idee sessanta anni fa e non avesse dedicato loro, incessantemente, tutte le risorse della sua vita, costruendo esperienze tutt'ora vive e attive - come la Marcia della Pace, il Movimento Nonviolento, la rivista Azione nonviolenta - oggi non saremmo qui a parlarne. Il 20, 21 e 22 gennaio a Verona, per i 50 anni del Movimento Nonviolento, festeggeremo e ne parleremo ancora, insieme a tutti coloro che vogliono continuare a dare gambe, energia e intelligenza a questa piccola grande Storia collettiva. La nostra storia.
( http://nonviolenti.org/cms/index.php?mact=News,cntnt01,detail,0&cntnt01articleid=189&cntnt01origid=15&cntnt01returnid=238 )

1. Aldo Capitini, Italia nonviolenta, Centro studi Capitini, 1981
2. Pace e disarmo culturale, Rizzoli, 2003
3. In cammino per la pace, Einaudi, 1962
4. Il principio nonviolenza, Edizioni Plus, 2004
5. L’antibarbarie, EGA, 2006
6. L’arte di non essere governati, Fazi Editore, 2003





domenica 1 gennaio 2012

la disobbedienza civile

Guida pubblicata sul portale Unimondo.org

“Sotto un governo che imprigiona la gente ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è la prigione”. Con queste parole, scritte dopo aver passato una notte in prigione per essersi rifiutato di pagare le tasse in segno di protesta contro la guerra che nel 1846 gli Stati Uniti muovono al Messico, Henry David Thoureau fonda la moderna definizione della “disobbedienza civile”.
Dalla “Marcia del sale” di Gandhi alle lotte per il riconoscimento dei diritti civili degli afro-americani negli Stati Uniti guidate da Martin Luthr King, dalle riflessioni di Hannah Arendt, John Rawls fino a Gene Sharp e, in Italia, dall'impegno per la nonviolenza di Aldo Capitini e Danilo Dolci la disobbedienza e la resistenza civile hanno assunto diverse forme che trovano nella noncollaborazione e nella protesta nonviolenta le modalità che accomunano l’impegno attivo sia per puntare al cambiamento di una legge o di una particolare istituzione nei governi democratici, sia - più radicalmente - per convogliare la mobilitazione popolare nell’opposizione ai regimi dispotici e dittatoriali.

Per la lettura integrale della Guida:
http://www.unimondo.org/Guide/Politica/Disobbedienza-civile/(desc)/show