lunedì 12 luglio 2010

“Io e gli altri”: la scuola e il razzismo dei giovani italiani.

di Pasquale Pugliese

(articolo pubblicato sul numero di luglio 2010 della rivista "Azione nonviolenta")


Nel febbraio scorso è passata sotto silenzio la presentazione alle Camera dei Deputati di una interessante ricerca promossa dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali, e commissionata all’istituto di ricerca SWG, sul tema “Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti”. Dall’indagine, che ha coinvolto 2085 intervistati in tutta Italia tra i 18 e i 29 anni ( http://www.parlamentiregionali.it/documenti/ricerche/ricerche.php ), emerge una realtà che tutti coloro che frequentano il mondo della scuola avevano già percepito: l’enorme espansione di sentimenti e atteggiamenti razzisti tra i giovani. Tuttavia i curatori della ricerca avvertono che rispetto al passato non ci troviamo più di fronte a un’ideologia politica o una teoria pseudoscientifica a supportare gli atteggiamenti razzisti: a manifestarsi è, spesso, un sentimento di fastidio nei confronti del diverso che potremmo definire “istintuale”, dettato da ragioni di ordine emotivo, pseudo-sicuritario e a-razionale. Questo sentimento di fastidio e antipatia, man mano crescente in riferimento ai gruppi nazionali/culturali indicati, raggiunge picchi fino al 47 % degli intervistati (quasi uno su due) nei confronti della categoria indistinta mediorientali/arabi/musulmani e addirittura fino al 69 % (ossia oltre due giovani su tre) nei confronti delle popolazioni rom e sinta.
Poiché la giovane età degli intervistati indica un campione da poco uscito dal circuito scolastico, accanto ai molti discorsi che si potrebbero fare sui piani sociologico, culturale e politico, mi sembra giusto segnalare come i dati che emergono da questa ricerca indicano il fallimento di un approccio pedagogico e organizzativo della scuola italiana che ha gestito il tema migrazione/intercultura all’interno di uno spettro che va dalla gestione dell’emergenza tutte le volte che in classe arriva un ragazzo straniero, alla costituzione "de facto" di classi ghetto fino - nel migliore dei casi - ai percorsi di integrazione degli alunni immigrati. Per sviluppare un ragionamento a commento dalla Ricerca indicata, tralasciamo le posizioni esplicitamente incapaci/escludenti nella gestione del fenomeno migratorio all’interno della scuola (rimandando ai molti approfondimenti disponibili su questo tema, tra i quali “l’inchiesta del mese” sul numero di “Animazione sociale” di gennaio 2010 su L’integrazione dei ragazzi stranieri alle superiori) e ci concentriamo sui tentativi messi in atto nelle scuole “virtuose”. Cioè in quelle scuole che rivolgono le giuste attenzioni nei confronti di chi arriva e deve essere accolto, costruendo protocolli di accoglienza, laboratori linguistici e quant’altro previsto dalle buone prassi, ma che non si sono preoccupate di mettere a fuoco un’idea di intercultura come educazione alla convivenza interculturale, ossia come processi di apprendimento diffuso di nuove competenze relazionali, all’altezza dei saperi necessari nell’epoca della complessità. Necessari per tutti, a cominciare dai ragazzi italiani. Si continua a parlare di integrazione degli alunni stranieri, intendendo di fatto favorire il loro processo di assimilazione all’interno di un contesto dato, senza mettere quasi mai in discussione quel contesto e la parzialità dei saperi di coloro che già lo abitavano. Si chiede a chi arriva di integrarsi, ma non si chiede (e non si insegna) a chi c’era già di imparare a con-vivere con le molteplici differenze. Si dimentica in questo modo uno dei capisaldi dei processi di costruzione della convivenza pacifica: la reciprocità. E si lasciano i giovani italiani senza anticorpi culturali di fronte alla “pedagogia razzista” diffusa ampiamente e costantemente dai mezzi di trasmissione e costruzione del senso comune.
Eppure, già nel 2007, al tempo del secondo governo Prodi si era tentato di delineare una “via italiana per la scuola interculturale”, articolata all’interno di un importante documento nel quale è scritto che scegliere l’ottica interculturale significa non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati (…). Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (…) promuovendo il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano. (http://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/pubblicazione_intercultura.pdf ). Ma, com’è avvenuto per un analogo documento emanato dal Ministero nello stesso periodo (ottobre 2007) sul tema parallelo dell’educazione alla pace (“Linee guida per l’educazione alla pace”), anche questo, seppur non abrogato formalmente, è rimasto lettera morta e sepolta, da tutte le contro-riforme razziste che sta mettendo in campo il governo attuale dentro e fuori dalla scuola.

Nessun commento:

Posta un commento