lunedì 17 ottobre 2011

Breve lettera ad un amico del blocco nero. Mio avversario



Amico del blocco nero, hai mai sentito parlare di Paulo Freire?
E' un pedagogista brasiliano che ha sempre lottato per la liberazione sociale e politica del suo popolo, che nella "Pedagogia degli oppressi" scrive – cito a memoria – che la più profonda oppressione da cui un oppresso si deve liberare, attraverso il processo di coscientizzazione, è quella di pensare i pensieri del suo oppressore.
Siamo ancora qui.
Quando usi la violenza dentro le manifestazioni puoi anche mettere a ferro e fuoco una città, fare terreno bruciato intorno a te, "conquistare" una piazza per qualche ora, ma hai irrimediabilmente perso. E' il sistema contro il quale immagini di lottare che ha vinto su tutti i "fronti", reali e simbolici, a cominciare da quello più importante di aver potuto trasformare le questioni politiche in questione di ordine pubblico, cioè nel suo ordine.
A quel sistema che considera la guerra come la continuazione della politica con altri mezzi, hai offerto la possibilità di farla anche in casa. A quel governo che taglia tutti i servizi pubblici tranne quelli militari, che anzi aumenta inesorabilmente, hai proposto il conflitto proprio sul piano militare, il suo preferito. A quel circo medatico, servo del potere economico e politico, hai consentito di annullare tutte le ragioni politiche della lotta e di rappresentare sia te, che altre centinaia di migliaia di persone in piazza insieme a te, come criminali fuori dal tempo e dalla realtà.
Al contrario, a molta gente comune - le persone in carne ed ossa che vivono sulla propria pelle la precarietà quotidiana - che aveva simpatia per questo nuovo movimento di lotta che parte propio dai suoi bisogni, che è andata a votare in massa nei referendum antinucleare e per i beni comuni, hai fatto paura e hai fornito l'alibi per rinchiudersi nuovamente in casa e non scendere, forse, più in piazza. E magari rinforzare il potere di chi oggi, grazie a te, fa la voce grossa e le leggi speciali contro i movimenti.
Oggi più che mai la violenza, anche quando sembra rivoluzionaria, è semplicemente reazionaria. Perchè fa il gioco della reazione e, usandone i suoi mezzi, le fornisce alimento, espansione e giustificazione. Immagino che tu pensi di cambiare il potere ed invece il potere ha cambiato te, facendoti diventare – nel profondo – come lui. Facendoti accettare e legittimare la tua violenza, comunque da apprendista, hai finito per legittimare ancora di più la sua, di professionista e monopolista.
Cui prodest? A chi giova?
Non a te, non a noi, non a chi lotta per il cambiamento, non ai disperati della terra e ai precari e agli indignati d'Italia. Ma stabilizza e rinforza straordinariamente il dominio di chi tiene oppressi tutti noi e indebolisce drammaticamente chi gli si oppone.
Per questo, amico, sei mio avversario!
E non parteciperò ad alcuna manifestazione in cui sarà annunciata la tua presenza. Nè ti vorrò nelle mie. Almeno finchè non cambierai radicalmente i tuoi mezzi di lotta, da violenti in nonviolenti, provando a trasformarti, finalmente - attraverso il tuo personale processo di coscientizzazione - da reazionario in rivoluzionario.

Nessun commento:

Posta un commento